Respinto il piano tra Fiera e gruppo Cabassi. Adesso il rischio di un Flop clamoroso è dietro l'angolo.
MILANO - Milleseicentosettantacinque giorni all'evento, dice il sito web di Expo. Ma sono in molti a chiedersi se e come si arriverà mai, all'evento che avrebbe dovuto rilanciare l'immagine di Milano e fare da traino per l'intero Paese sviluppando il tema dell'alimentazione. Già, perché c'è un piccolo particolare: dopo 910 giorni dall'assegnazione dell'Expo 2015 a Milano, che aveva festeggiato a Parigi la vittoria sulla concorrente Smirne, non è ancora definita la disponibilità delle aree che ospiteranno l'esposizione con l'orto botanico planetario. Dopo mesi di lavoro, sembrava si fosse trovata la via d'uscita: la Fondazione Fiera, proprietari di due terzi dell'area, acquista il terzo rimanente dal Gruppo Cabassi. A quel punto, la stessa Fondazione, che è ente pubblico, mette a disposizione di Expo i terreni, ricevendo in cambio diritti di superficie che potranno essere esercitati dopo il 2015 per garantire alla stessa Fondazione un ricavo, con parte del quale si pagheranno i Cabassi.
Un puzzle complicato, ma che pareva poter azzerare polemiche su possibili speculazioni di privati, dubbi burocratici e controversie legali. Invece, il colpo di scena. La Regione stoppa l'accordo Fiera-Cabassi che pare praticamente raggiunto, con un parere legale che ripropone tre strade: l'accordo dei privati (che però impone ancora una perizia sul valore dei terreni e lascia l'ultima parola alla Regione, ente vigilante rispetto alla Fondazione Fiera); l'acquisto da parte di una nuova società pubblica con i soldi della Regione; l'esproprio.
Si torna alla casella del via, insomma: ma i tempi stringono. Entro il 18 ottobre il Bureau International des Expositions, che da Parigi vigila attento sulle vicende di Expo, vuole avere la certezza delle disponibilità dei terreni. Senza quelle, l'assemblea del Bie non potrà ufficializzare, in novembre, la registrazione del dossier di candidatura di Milano.
Ma pare impossibile che in venti giorni si riesca a fare quello che non si è fatto finora. E il cda di Expo striglierà, con una lettera, i soci invitandoli a trovare una soluzione in tempi rapidi. Il presidente Formigoni ieri è stato rassicurante. Prima ha confermato che «sono aperte ancora tutte le ipotesi e per ognuna è stata individuata la strada». Poi, ha assicurato che «abbiamo i tempi per risolvere il nodo e l'importante è vedere dal punto di vista giuridico il limite entro cui trovare soluzioni legittime». Ottimista anche il ministro degli Esteri, Franco Frattini, che non ha dubbi: «L'Expo si farà a Milano e sarà un grande evento».
Mentre le diplomazie istituzionali sono al lavoro, l'architetto Stefano Boeri, candidato sindaco alle primarie del centrosinistra, che aveva realizzato il masterplan di Expo, propone di cambiare destinazione: «Andiamo all'Ortomercato. Sono aree pubbliche, non ci sarebbero rischi di speculazione e sarebbero adatte al tema». Lo incalza un altro candidato alle stesse primarie, Giuliano Pisapia: «Un errore andare all'Ortomercato. Piuttosto, usiamo i padiglioni già esistenti della Fiera». È così: Expo non mette d'accordo proprio nessuno.
corriere milano
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